Jacopo Pagin: un tributo alla cultura occidentale che si appresta alla sua inesorabile e tragica rovina.

0
779

La visionarietà ondivaga dell’artista Jacopo Pagin frange tra il pop e un senso del sacro corrotto, due elementi che caparbio mantiene da anni in tensione fra loro. Controluce al dato reale l’artista incide nella materia stessa delle sue immagini. Pagin è tagliente, propone scorci scomodi per l’osservatore, sfrutta la sua sapienza pittorica con distacco, senza compiacimento, tranne che per la tavolozza. Quando le superfici si accadono l’arbitrio cromatico risolve la fiction del gesto. La forza espressiva gode di una di costruzione della struttura conosciuta a priori dallo sguardo dell’autore nella astrazione sottesa dal disegno.

Parlaci del tuo lavoro, dall’interno della cultura contemporanea e dell’importanza del tuo ruolo relazionale con l’ambiente dell’arte in generale e con gli artisti in particolare.

Il mio lavoro si rapporta in maniera stretta e molto evidente con il passato, sia per quanto riguarda l’estetica, sia per un certo gusto narrativo.

Ovviamente sono un uomo contemporaneo e vivo a pieno la mia contemporaneità, gli elementi classici presenti nella mia opera, vogliono essere un tributo alla cultura occidentale che si appresta alla sua inesorabile e tragica rovina.

Frequento mostre contemporanee, mi piace tenermi aggiornato, ma soprattutto mi piace continuare il dialogo coi Grandi Maestri. L’arte ha migliaia di anni e sento l’obbligo di relazionarmi con tutta.

Ci puoi dire qual’è la tua esperienza dal punto di vista dentro e fuori il “sistema” dell’arte e/o dentro e fuori l’Italia?

Da “buon pittore” posso dire che il mio lavoro “vero” è svolto in atelier. La mia esperienza esterna, riducibile alla mia attività espositiva, è stata frutto di affinità e amicizie con colleghi, curatori ed estimatori che hanno percepito un qualcosa nel mio lavoro.

Ho esposto in molte occasioni e in molte situazioni differenti, e molti e differenti sono i volti del sistema dell’arte che sembra essere capace di interessarsi di qualsiasi e allo stesso tempo di nessuna cosa. E’ una bestia che devi tenere d’occhio ma da cui non devi farti ossessionare.

I tuoi progetti futuri?

In questo periodo ho molta carne al fuoco: vorrei portare avanti “Thaumazein”, (il lavoro fatto a Massa assieme a Giulio Saverio Rossi e ad Alessandra Franetovich); assolutamente voglio continuare la strada iniziata cinque anni fa con i Raskol’nikov e Hjalmar Hach, per cui abbiamo dei piani insoliti e dare il “la”, assieme all’architetto Luca Toniolo, a “Riviera”: un progetto di design che oserei definire “radicale” su cui stiamo lavorando da mesi. Non per ultimo, unito a Giacomo Modolo, “To Paint is Hard” un’ impresa concettuale che indaga la questione della pittura.

Riguardo il tuo lavoro di artista raccontaci in breve come ti relazioni con la città di Venezia

Venezia è la città dove mi sono formato, oggi ne sono legato professionalmente per lo più per merito delle relazioni conservate con studenti e professori.

Venezia è un polo per l’arte contemporanea grazie alla Biennale e altri importantissimi spazi ma certamente non raggiunge la ricerca e la vivacità culturale di una metropoli, conserva sempre un sapore un po’ provinciale. Venezia è la città del passato e il suo fascino risiede proprio nella sua decadenza.

Personalmente devo dire che ad ammaliarmi sono sempre state le chiese, il Bellini, Tiziano, Tiepolo, l’Acqua!

  Una battuta sulla 56th International Art Exhibition – la Biennale di Venezia

Da anni le biennali sono troppo complesse e sfaccettate per poterle arginare in una sola battuta. Se mi permettete, in quest’edizione ho trovato l’Arsenale complessivamente “sottotono”, il Padiglione Italia “non sbalorditivo” e la pittura presente mi ha lasciato completamente indifferente, fatta eccezione di mostri tecnici come Nicola Samorì e il romeno Adrian Ghene.

Devo ammettere invece che molte partecipazioni nazionali ai padiglioni sono state davvero avvincenti. In quest’edizione il non censurarsi e lo spingere su allestimenti intelligenti e coinvolgenti ha ripagato. Ognuno a modo suo Svizzera, Spagna, Korea, Nord Europa e Inghilterra ha lasciato in me un segno. Interessanti anche Germania e Russia dove connessioni tra biennale, potere e politica si svelano.

3rd mind movement
“3rd mind movement” – olio su tela 100x130cm, 2015
Ananas Blu
“L’Ananas Blu” – olio e inchiostro su tela 100x120cm, 2015
Europa si è persa in mare
“Europa si è persa in Mare” – olio su tela 130x100cm e linoleum, 2015
il Pegaso Troia
“Il Pegaso Troia” – olio su tela 100x130cm, 2015
la vera bevanda del tritone
“La Vera Bevanda del Tritone” – olio su tela 100×130, linoleum, plastica e marmo antico, 2014/2015
vortex
Raskol’nikov & Giulio – “Vortex” – Video + Audio, 2013. (installazione per Thaumàzein, Massa 2015)
 
articolo di Alberto Balletti e Marina Guarneri