Lavinia Longhetto: Ciò che amo e odio dell'arte contemporanea è la grande capacità di esagerare

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Lavina Longhetto, giovane artista e da un anno laureata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ha risposto alla nostra ricognizione.

Le abbiamo chiesto di parlarci del suo lavoro, del suo punto di vista dall’interno della cultura contemporanea, sull’importanza del suo ruolo relazionale con l’ambiente dell’arte in generale e con gli artisti in particolare.

Ciò che amo e odio dell’arte contemporanea, è la grande capacità di esagerare, sotto ogni punto di vista. Esagera con lo scopo di colpirti dritto a cuore, occhi, mente, sensazioni. Questo schiantarsi con forza contro il muro del limite può essere, a mio parere, un fatto positivo: oltrepassa confini, si getta nel vuoto, RISCHIA.

Il fattore negativo giunge (e si nota subito) nel momento in cui l’idea diventa inesistente, senza fondamento. Si trasforma in un tentativo esagerato di supplire alla mancanza d’idea e creatività. Dunque, si rischia di nuovo e allo stesso tempo si prende delle gran batoste: il meccanismo creativo e di pensiero non vengono compresi dal pubblico, colpiscono per il solo effetto e non per la causa; per la grandezza dell’opera e non per il suo significato, per la bravura nella tecnica e non per ciò che l’opera ci sta urlando a gran fatica.

Un’opera, quando perde di valore, di senso compiuto, di basi, si tramuta in polvere. Quando ciò avviene, lo si percepisce subito. Osare va bene, ma senza sprofondare nel banale. Si può rischiare e osare con umiltà, rispetto e consapevolezza dei propri limiti. Noto che questi principi mancano moltissimo all’arte e a molti, troppi artisti.

Ho intrapreso moltissime strade, sperimentando svariate tecniche, dalla grafica d’arte in cui mi sono specializzata, alla scultura, al disegno (mio principale strumento d’espressione), alla pittura, alla fotografia. Unendo questi fili conduttori ho creato un soggetto visto dal mio unico e personale punto di vista: un corpo emozionale, deturpato e angosciato da agenti esterni e interni.

E’ un corpo sopravvissuto alla sofferenza, nonostante rare dinamiche della vita e del destino, nonostante i lutti familiari, nonostante il rifiuto, anche e soprattutto di sè stesso.

E’ un corpo che lotta con forza, si lecca le ferite, cade, si ammala, urla, si rialza. Affronta l’esistenza e si confronta con essa, (o almeno, ci prova.).

Questo mio percorso “corporeo”, per certi versi autobiografico, è stato raggiunto dopo anni di lavoro, sofferenza e sacrifici, sia durante che dopo la formazione accademica. Affermo e confermo con gioia e soddisfazione, che il dialogo tra (alcuni) allievi e tra allievi e docenti è stato per me fondamentale. Il confronto, l’osservazione, le influenze reciproche portano a una crescita sempre maggiore di qualsiasi essere umano..Per un artista è più di una crescita: diviene una sorta di potere. Il potere di liberare mente e parola, di attingere da qualsiasi fonte culturale, materiale, emozionale. Tutto questo per me è stato essenziale.

Frequentare una città come Venezia in cui ho vissuto per un po’ e con cui ho instaurato un legame indissolubile, ha fatto in modo che io aggiungessi altri tasselli al mio “puzzle”.

Ci puoi dire qual’è la tua esperienza dal punto di vista dentro e fuori il “sistema” dell’arte e/o dentro e fuori l’Italia le problematiche veneziane e/o italiane

Da quasi un anno sto cominciando a comprendere a fondo i meccanismi dell’arte, delle gallerie, delle selezioni di alcuni progetti artistici piuttosto che di altri…

La mia risposta/affermazione/conclusione è tanto deludente quanto crudelmente veritiera: di arte vera e propria, sentita, percepita con tutti sensi del corpo, ne rimane una porzione minuscola. Tutto il resto è economia (e noia!). E raccomandazioni a gogo.

E’ un sistema che reprime e annulla. L’unica cosa che posso fare è non scoraggiarmi, non arrendermi, armarmi di forza di volontà e parlare, mostrare, inviare materiale. Ricollegandomi a ciò che dicevo prima, rischio e provo a infrangere delle barriere, portandomi a casa, anche di fronte ai no, la soddisfazione di averci provato. E’ una sensazione, senz’altro non concreta e molto effimera, ma che ti fa comunque andare avanti con una sicurezza che ogni giorno pian piano aumenta. La sicurezza che le tue scelte non sono state sbagliate e che quella strada, seppure molto tortuosa e ripida, è quella giusta.

Ho già ottenuto parecchi riscontri molto positivi, la pazienza e l’attesa, almeno per me, sono state più lunghe di altri giovani artisti, ma non sono state vane.

raccontaci in breve come ti relazioni con Venezia, come il tuo lavoro di artista si lega alla città

Cito un mio pensiero di un paio d’anni fa: il tempo è passato, il cordone ombelicale si è gradualmente e dolcemente spezzato, ma sensazioni ed emozioni restano sempre le stesse.

“Sono a Venezia. Con la mente, con l’anima, con lo spazio, con il cuore.
Con la memoria, i luoghi, i ricordi, le gioie e i dolori,
Con il corpo, i piedi, il tatto, il gusto, l’olfatto.
Con il vento, le mani, gli occhi, a piedi nudi e mente coperta.
Una linea sottile che divide me e il resto di me.
Sono a Venezia con i sussurri e le grida.
L’esaltazione e l’euforia.
Venezia, dentro di me, dipendente.
Pensare Venezia, ricordare come viverla, assaporarla nel profondo
La mia assenza, la mia lontananza, la mia nostalgia
Venezia muta
e mi muta
Mi anima. Mi coinvolge e mi sconvolge.
Vive, vive in me
Mi ha fatto rivivere.”

Autoritratto

Lavinia Longhetto è nata nel 1986 a Motta di Livenza (Tv) - lavinialonghetto@yahoo.it - www.artelavinialonghetto.weebly.com - www.phlavinialonghetto.weebly.com

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