Edith Dekyndt: Incerti e provvisori spostamenti di confini

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Due le installazioni site specific dell’artista Edith Dekyndt al Padiglione del Tempo e dell’Infinito, Arsenale. Nello stile dell’artista belga, nata nel 1960, gli esiti poetici e scientifici non sono mai definitivi, ma sempre alla ricerca di fragili e provvisori confini tra spazio e tempo entro cui collocare le immagini, entro cui far sostare attonito l’osservatore. L’artista esplora le energie invisibili per consentire l’attivazione dei processi trasformativi della realtà, naturali o provocati dall’uomo e attribuisce una forte connotazione vitale ed estetica a molti dei fatti cui assistiamo ignari, granelli di polvere che fluttuano nell’aria. Facendoceli respirare.

One Thousand and One Night” (2016) è una installazione smaterializzata, costituita di sola luce e polvere diligentemente spazzata da un performer in una sorta di moto perpetuo alquanto meticoloso. Documenta l’improbabile tentativo di tenere la stessa polvere, dentro i confini di un rettangolo luminoso. Il rettangolo di luce proiettata al pavimento però si muove, come una lenta e leggera vertigine.

La seconda opera si intitola “Slow Object 08 (2017)”. Una tenda di lino completamente ricoperta da carta di alluminio rifrange immagini e ombre dei corpi dei fruitori. Questo movimento impercettibile è letale e la costringe a deteriorarsi inesorabilmente nel tempo, che progressivamente ne ossida della superficie.

Due lavori che si collocano perfettamente all’interno della ricerca artistica di Edith Dekyndt, artista con un proprio metodo rigoroso che dagli anni ’90 propone opere sotto forma di esperimenti in fase di realizzazione, il cui risultato finale è sempre precario, incontrollabile, incerto. Ripetizioni e leggerissime variazioni che impediscono in ogni caso di terminare in modo definitivo un’azione, dove l’eterno ritorno non è mai quello atteso. L’apparizione e la scomparsa dei fenomeni attrae magneticamente lo spettatore che permane a lungo davanti all’installazione, sostando ipnoticamente a inalare polvere dall’aria.

Marina Guarneri