TIME IN JAZZ – PAV progetto arti visive

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TIME IN JAZZ – PAV progetto arti visive
Ex Caseificio – 11/16 agosto
inaugurazione 11 agosto, ore 23.00
BERCHIDDA

http://www.timeinjazz.it/page.php?id=79

Didascalie di Ivo Serafino Fenu

Barbara Ardau e Mimmo Di Caterino: Il video Balletti in terra sarda di Barbara Ardau e Mimmo Di Caterino è, come di consueto, intriso di un’ironia che lascia in bocca il gusto di una desolante amarezza. Protagonisti: l’artista veneziano Alberto Balletti, incisore, fotografo e video maker e gli “ex” lavoratori della Rockwool, da due anni in presidio permanente nel piazzale antistante la miniera di Campo Pisano (Iglesias) a reclamare un futuro sempre più incerto. Vivono all’interno di un bus, ribattezzato Rockbus Museo e diventato, grazie alle performance di diversi artisti, emblema di ben altri “balletti in terra sarda”, eseguiti da vampiresche multinazionali e passivamente accettate da una classe politica imbelle e prona.

Ermenegildo Atzori: Per Ermengildo Atzori la terra è un antro oscuro, misterioso e misterico, il luogo del nero, di un “gran nero”, cosmico e immanente. Bitume, sangue, alcool etilico, limatura di ferro, vernici nitro, polvere di vetro, pece greca, gesso, cenere, piombo, gommalacca e, naturalmente, o innaturalmente, a seconda dei punti di vista, terra: materia combusta per processi alchemici antichi e futuribili allo stesso tempo, dai quali emergono volti o ectoplasmi corrosi, che si materializzano in forme tridimensionali e si dispongono in arcane geometrie, come vacui Narcisi, a rimirare le loro fattezze specchiate in un mondo senza luce e senza speranza.

Federico Carta: “La mano sinistra del suonatore” incombe nelle opere di Federico Carta: la sua è una metafora della furia distruttiva di una natura violata, che si ribella e disfà ciò che l’uomo, con protervia cerca di imporle. Alla pletora e all’eccesso umano si contrappone la lenta e inesorabile azione corrosiva del tempo e degli elementi, una forma di autotutela, necessaria e drammatica. A dispetto del linguaggio artistico utilizzato, a tratti fumettistico e solo in apparenza leggero e scanzonato, Carta propone megalopoli tentacolari avviluppate da una natura ipertrofica: una terra nella quale non sarà dolce naufragare.

Giulia Casula: Misurare le nuvole è un’utopia come “la misura delle nuvole” è un non sense, un paradosso. Giulia Casula, con i piedi ben piantati in terra e con uno sguardo rivolto altrove, si immedesima in tale paradosso e assume il ruolo di un agrimensore. E l’artista, l’Agrimensore C, come il personaggio kafkiano, è un misuratore di sogni. Tentativo vano: proiezione dell’impotenza e delle frustrazioni dell’uomo contemporaneo, schiacciato da una realtà che sfugge ai suoi criteri di valutazione, ancorato a una terra che lo inchioda e a una prospettiva di alienazione, senza possibilità di fuga.

Monica Lugas: «Allora il Signore Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra e alitò nelle sue narici un soffio vitale, e l’uomo divenne persona vivente». Monica Lugas ripete, fedelmente e in un apparente delirio di onnipotenza, l’atto supremo e terribile dell’Artifex per antonomasia ma, con lucida e pessimistica consapevolezza, ne certifica il fallimento. Non vi è afflato vitale, non vi è virtù eroica da celebrare, non vi è trasformazione. Il fango rimane fango, parodia e vuoto simulacro di una vita non nata e il corpo, “carnaio di sensi” inespresso, celebra la sua morte in una terra sommersa dal sangue: sangue sterile, che non redime e che vanifica il sacrificio.

Tonino Mattu: Terra, luogo di conquista, da colonizzare e depredare, terra intesa nella sua accezione geo-politica e militare è quella raccontata da Tonino Mattu nella serie Hic sunt leones. Vecchi manifesti di propaganda per nuove colonizzazioni in un amalgama che, al richiamo del “vil denaro”, unisce regimi e democrazie in una frenetica bramosia di conquista e sopraffazione, mascherata da risibili esigenze di lebensraum. E se il motto latino metteva in guardia dall’esplorare territorio abitati da pericolosi e spesso improbabili leoni, oggi è la terra e i suoi abitanti più deboli a doversi difendere dai nuovi e voraci predatori, organizzati dalle moderne multinazionali che promuovono improbabili “magnifiche sorti e progressive”.

Marco Pili: Marco Pili ci introduce nella sua “wunderkammer “abitata da invisibili che sarebbe meglio non vedere. Invasa da protomi antropo-zoomorfe, da esseri paleo-futuribili macrocefali e necrotici, la sua camera delle meraviglie evoca mondi ibridati. Sono i figli di una terra dominata da un’eugenetica impazzita e deviata che, come il sonno della ragione, produce mostri: un’evoluzione che diviene involuzione, il naturale innaturale, il sogno incubo.

Progetto ASKOS (Chiara Schirru e Michele Mereu): Progetto ASKOS (Chiara Schirru e Michele Mereu) mette a confronto la disciplina militaresca delle formiche, simbolo totemico della terra, la loro frenesia apparentemente caotica eppure rigidamente determinata col tentativo, vano e frustrante, a “passi tardi e lenti”, di improbabili astronauti primitivi, di inserirsi o, sarebbe meglio dire, reinserirsi, in un ciclo “naturale” che, di naturale ha conservato solamente processi di decomposizione e disfacimento, in una terra resa colpevolmente sterile e paradossalmente “lunare”.

Alberto Spada: La disciplina della terra, dura e coercitiva, richiede le sue vittime. Alberto Spada, originario di una regione che a essa ha sacrificato un incalcolabile numero di vite umane, rende loro omaggio con l’opera Terrae. Rileggendo in chiave concettuale la tradizione pittorica ottocentesca legata al socialismo umanitario di Jean-François Millet, evoca i protagonisti de L’Angelus con due epigrafi funerarie, anonime e, pertanto, afferenti a un’intera collettività, le affiancano rudimentali strumenti da lavoro mentre un mucchio di carbone suggerisce il contesto geografico. L’umile preghiera dei lavoratori, dei “vinti” di verghiana memoria, si è trasformato in lamento funebre: l’Angelus in Requiem.