Elisa Bertaglia pittrice e disegnatrice

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Elisa Bertaglia è un’artista che abbiamo visto imparare a muoversi nell’ambiente dell’arte già durante il periodo di formazione. Le sue qualità nella relazione e la determinazione si sono rivelate fin da subito utili alle urgenze espressive, permettendole di verificare sul campo le sue immagini, ma in particolare nell’allestimento site specific. Chiediamo a lei di introdurci al suo percorso artistico.

Dal tuo punto di vista personale quale importanza ha avuto il ruolo relazionale nell’ambiente dell’arte? Ci interessa indagare all’interno della cultura giovanile contemporanea l’importanza della condivisione fra gli artisti.

Mi sono laureata come pittrice e disegnatrice all’Accademia di Belle Arti di Venezia (ho concluso gli studi accademici con una tesi specialistica in Pittura nel 2009); il primo ambiente lavorativo competitivo a livello nazionale per quel che riguarda l’arte contemporanea, con cui sono entrata in contatto è proprio quello veneziano. Fin dai primi anni di studio in Accademia, ho lavorato sempre a stretto contatto con altri giovani artisti a me contemporanei, che si erano appena formati o che si stavano formando come me in quel periodo e questo è stato fondamentale per la mia crescita e per lo sviluppo della mia ricerca: grazie al dialogo che con loro si è creato, alla possibilità di vedere dal vivo gli sviluppi del loro percorso, ho potuto affrontare tematiche più complesse, connesse al mio “oggi”, al nostro tempo.

Mi è sempre piaciuto, inoltre, impostare il mio lavoro in modo dinamico, basandolo su di uno scambio continuo di idee e opinioni con critici e giovani curatori, giornalisti e scrittori. Non penso si giunga mai ad un punto di arrivo, ma si ha la possibilità di aprire il proprio lavoro verso nuovi orizzonti.

Ho sempre cercato nei tanti viaggi che ho la fortuna di fare per lavoro di visitare il più possibile musei, gallerie e fiere d’arte contemporanea, ma soprattutto ho cercato, quando possibile, di visitare gli studi degli artisti che ho avuto modo di conoscere. A tal proposito, all’estero hanno un’organizzazione davvero ben strutturata per quel che riguarda le opportunità di promozione e valorizzazione del lavoro dei giovani artisti, ad esempio, attraverso studio visit (programmati per quartieri dove chiunque può inviare la propria richiesta di adesione) ed un sistema di comunicazione vincente. Ho avuto modo di vedere parecchi atelier privati e non a Londra, Berlino, e anche adesso che sto trascorrendo un periodo di studio e lavoro a New York, ho visitato il MEAM a Jersey City e diversi complessi industriali ristrutturati e adibiti a studi d’artista e centri per la giovane arte contemporanea. Abbiamo inserito anche il nostro atelier tra i siti aperti per essere visitati all’interno del programma di mostre ed eventi che si terrà prossimamente a Brooklyn.

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Veduta d’allestimento della mostra Bindwood, personale a cura di Chiara Serri, Arteam e Banca Sistema, presso gli spazi espositivi di Banca Sistema, Milano.
Driftwood e Bluebirds #2 - Driftwood, trittico, 270x130 cm cad., olio, carboncino e grafite su carta, 2015 - dalla serie Bluebirds #2, dimensioni variabili, 2015 / Courtesy Banca Sistema / Foto di Andrea Sartori
Quale è stata la tua esperienza dentro e fuori il “sistema” dell’arte e le tue impressioni dentro e fuori l’Italia?

Al momento posso dire che la mia esperienza nel campo dell’arte contemporanea è davvero appena iniziata, ho molto da imparare e molto da scoprire. È un ambiente davvero molto ricco di stimoli ed interessante, sono fortunata a fare questo lavoro e ogni giorno appena mi sveglio sono felice. Questo lavoro è fatto di tantissimi aspetti, diversi a seconda delle culture e dei paesi: è strutturato in un modo in Italia, diversamente in altre zone dell’Europa (lavoro con una galleria in Germania), qui in America è un’altra cosa ancora. È come se ci fossero tantissimi micro universi, in ognuno dei quali le cose hanno il loro peso diverso e la loro specifica gravità. Un giovane artista secondo me deve stare attento a sapersi muovere con elasticità nei meandri di questi sistemi, senza però lasciarsi mai sopraffare da quello che è l’esterno, ma cercando di mantenere fermo l’obiettivo primo che è la sua ricerca e la sua crescita professionale. La sincerità nei confronti del lavoro, l’onestà intellettuale che abbiamo il dovere di potare avanti di fronte a quello che facciamo, è la nostra libertà più grande, alle volte molto difficile da preservare, quando si capisce con facilità che in un sistema di gallerie funziona di più un genere di lavoro piuttosto che un altro, che la galleria con cui lavoriamo ha delle esigenze di mercato particolari, che il pubblico alle volte ha delle aspettative troppo elementari. Tutto questo è molto difficile, ma il fatto più importante è che alla fine della giornata ci ritroviamo da soli nello studio davanti a noi stessi. Ad appena un mese dal mio arrivo qui in America, capisco che tutto è diverso. New York oggi è più che mai la capitale dell’arte contemporanea ed ha molto da insegnarmi, soprattutto per quel che riguarda i concetti di “selezione”, “estetica”, “pulizia”; ma devo sempre ricordarmi di rimanere fedele alla mia poetica e alla mia ricerca a scapito di rimanere ai margini di un sistema che alle volte può galleggiare sulla superficie.

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Veduta d’allestimento di Naturalized, a cura di Martina Corbetta, ex Carceri La Nuova, Torino. Opere: Bluebirds, dimensioni variabili, olio, carboncino e grafite su carta, 2014 / Courtesy Martina’s Gallery (Seregno) (MB)
Ci racconti quali prossimi impegni avrai nei progetti futuri?

Attualmente ho diversi progetti in atto, diverse mostre che sono aperte in Italia ed una che si è appena chiusa a Charleston, South Carolina. In questo periodo prossimo futuro voglio concentrarmi sulla ricerca soltanto, ed aspettare di sviluppare alcuni aspetti che al momento sono embrionali. Ho rinunciato ad alcune proposte per poter dedicarmi solo a questo. Ho comunque in programma una mostra personale con una galleria con cui sto avviando una bella collaborazione. Il dialogo è fondamentale, abbiamo deciso di pensare a questo progetto con ponderatezza e vedremo cosa succederà.

Alberto Balletti e Marina Guarneri
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Veduta d’insieme della mostra personale presso la Galerie MZ, Augsburg (GERMANIA) - Opere: Matamorphosis, 29,5x20,5 cm cad., olio, carboncino e grafite su carta, 2014 /Courtesy Galerie MZ