De_Portesio_2008

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I vizi divertono e ammazzano: il disastro viziato della guerra

di Alberto Balletti

Giocare con le immagini, da adulti e in una società ad alto tenore di pixel, impone all’etica una commistione esplosiva che non lacera il derma a nessuno, ma che segna la coltivazione di idee._Abbiamo inteso questa seconda edizione di “Corpo/Reo” come una reazione statica all’accelerazione visiva subitanea dei tam-tam mediatici che ci vendono cose inutili e inflazionanti. Rimanere liberi dal mercato grazie a un committente pubblico. Un privilegio._Amiamo il rallenty e ancor più il fermo imagine, luogo dove il tempo di riflettersi dentro le anomalie delle immagini altere da sé è la regia della vita atea che delle guerre sante farebbe a meno. Parlare di cosa possa essere un essere oggi è un argomento scomodo._Ma poi c’è la Guerra! Che dici? Sei con noi o contro di noi? Stai di qui o di là?_Tutti quelli che hanno quarant’anni oggi da sempre hanno visto volare aviogetti armati di missili sopra la loro testa in questa pianura sconfinata cisalpina: Aviano, Ederle, Ghedi. Dicono che le testate nucleari non pensano. Ma noi un pensiero l’abbiamo fatto e assomiglia all’ansia di un fronte che è sempre stato oltre l’orizzonte e che non è mai stato visto quasi da nessuno: sembra però che lo si produca qui. Aviano, Ederle, Ghedi. Queste sono fabbriche a tutti gli effetti e non producono morti bianche. Sono la morte altrove._Se non combattiamo di persona è solo perchè paghiamo qualcun altro per sparare altrove. E soprattutto ad altri._La nostra storia dal dopoguerra ad oggi è la storia, niente altro che rammendata da se stessa, in guerra e morte per la democrazia. E tutte le miserie per agghindarla, orpelli e messe a suffragio, con velluti viola e lutti. Nessuna idea per uscirne o per medicare le ferite pesanti accusate nei fronti opposti, ma variabili, dove le definizioni non sfioravano la vita bruciata dei popoli sottoposti. Rispondenti solo con parate a sutura di dolori._Forse gli artisti vorrebbero parlare d’altro, almeno ogni tanto, ma i disastri delle guerre implorano ed evocano al verbo e al segno l’alzo zero sul vociare indistinto accomodante e servile. Bisogna adoperarsi al mandato più alto e opporsi: “Contro!”, in un urlo verso gli eserciti vanitosi e maschi. Implorando un pietoso “Basta”._Queste giovani lastre incise sono ben poco, direte. Eppure lasciano segni che sono invisi al sistema industriale bellico perchè si vogliono mostrare innocui, ma non certo inefficenti. Pensare e segnare sono attività distintive dagli esseri umani. Staccano momenti di eccellenza del vivere. E le giovani voci dovremo ascoltarle più spesso._In mostra vedrete il lavoro di punte che solcano per non ferire più. Solo all’introspezione il metallo inciso che noi usiamo è rivolto e si offre al “Fuori tutti – Liberi tutti” dalla tana dell’infanzia, forse non del tutto perduta._Senza reiterare violenza al corpo, l’anima risorge e trova lo spazio forse smarrito nel rosso del sangue che i ricordi attenzionano alla visione mnemonica. L’anima ringrazia anche il bianconero dell’inchiostro stemprato e impressionato sui fogli di cotone, celando a memoria i versi più tristi. Mai dimentica.